Le Marche, terra devastata dal terribile terremoto del 2016 che ha colpito il centro Italia, fa ancora oggi fatica a tornare alla normalità e sono ancora molte le opere edili non terminate, tantissime quelle che devono ancora partire, tra non poche difficoltà. Ci siamo confrontati al riguardo con Christian Fioretti, Segretario Generale FENEALUIL Marche.
Di cosa parliamo in questo articolo
Qual è la situazione nella regione dopo il sisma?
«Oltre il 50% dei Comuni coinvolti dal terremoto del 2016 si trova nelle Marche, in particolare nelle province di Macerata, Fermo e Ascoli, anche in zone impervie, dove mancano servizi, che auspichiamo vengano implementati, per favorire il ripopolamento dell’area. Dal 2021-2022 sono riprese le lavorazioni, che erano in ritardo con le precedenti gestioni commissariali, ma deve ancora ripartire la ricostruzione ‘pesante’, quella dei privati».
Ci sono criticità nel settore delle Costruzioni?
«Il principale problema è la mancanza di manodopera. Molte imprese vengono da fuori regione. Anche perché abbiamo meno di un milione e mezzo di abitanti e ci sono pochi artigiani e poca manodopera qualificata. A ciò si aggiunge un’altra difficoltà: la mancanza di alloggi. Avevamo chiesto di predisporre ‘campi base’, anche per monitorare la presenza effettiva di operati regolarmente iscritti alle Casse Edili. Lo avevamo già proposto durante la pandemia di Covid-19 e lo ribadiamo ora: è difficile trovare case in affitto e spesso i lavoratori devono vivere ammassati in appartamenti, talvolta in condizioni igieniche precarie».
Come ovviate alla cronica mancanza di manodopera?
«Abbiamo siglato Protocolli di legalità con le Prefetture di tutte le Province, per attivare interventi per la formazione di persone migranti che arrivano nei centri di accoglienza. Ad Ascoli è andata bene: ci sono un paio di aziende che hanno formato diversi ragazzi con la Cassa Edile che hanno poi trovato un buon impiego. Ad Ancona, invece, è stato più complesso: solo un paio di persone su quindici sono state assunte, anche a causa delle problematicità legate agli spostamenti: è difficile raggiungere i luoghi di lavoro per la carenza strutturale di collegamenti di trasporto pubblico. Sarebbe comunque opportuno aggiornare i Protocolli e, soprattutto, intensificare il confronto con Prefettura e Istituzioni».
Quali sono le prospettive in edilizia?
«Purtroppo, continua a scarseggiare la manodopera. Con la fine dei ‘superbonus’ forse però la situazione si potrebbe sbloccare. E speriamo si posso così favorire la ricostruzione ‘pesante’ nei cantieri privati. Ci sono anche cantieri finanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ma la scadenza del 30 giugno 2026 appare molto ravvicinata e si rischia che molte opere rimangano incompiute. Grazie alla presenza di numerosi lavoratori migranti, vari cantieri stanno procedendo, ma ci sono spesso problemi con la lingua. Molti operai arrivano dal Nord Africa (Egitto, in particolare), India e Pakistan e non conoscono bene l’italiano. Stiamo quindi promuovendo la stipula di convenzioni per organizzare corsi base di lingua italiana. Altrimenti si rischia di fare ore e ore di formazione che non viene poi effettivamente assimilata e di avere situazioni potenzialmente pericolose nei cantieri, se le indicazioni impartite non vengono comprese correttamente».
Per quanto riguarda sicurezza e legalità?
«Siamo riusciti a introdurre i ‘badge’ nei cantieri, in due siti sperimentali, nel Maceratese. Come avviene nelle fabbriche tradizionali, è così possibile monitorare le assunzioni e gli accessi, in una logica di trasparenza, per favorire legalità e tutela dei diritti. Giornalmente vengono registrati ingressi e uscite nel cantiere, sia dei dipendenti delle imprese edili, sia di coloro che non hanno un contratto edile. Serve anche per capire quante sono le ore effettivamente lavorate. I dati registrati dovrebbero poi confluire in un unico portale della struttura commissariale, che non è però ancora stato attivato e al momento la gestione dei flussi informativi rimane in carico soltanto alle Casse Edili. L’esperienza sta comunque funzionando bene e vorremmo quindi estendere questa buona prassi all’intero ‘cratere’ del sisma e magari in tutta Italia. È uno strumento utilissimo, che permette anche di verificare la corretta applicazione del contratto edile. Non è una panacea, ma è un’ottima opportunità. Grazie alle Scuole Edili, presenti in tutta la Regione, riusciamo anche a effettuare molti corsi di formazione e visite nei cantieri. Con la ‘patente a crediti’ sono però emerse varie criticità: alcune aziende non sapevano neanche cosa fosse un DVR… C’è ancora parecchio da fare, ma come FENEALUIL non ci scoraggiamo e continuiamo la nostra opera quotidiana per favorire il lavoro sicuro e di qualità».