RLST a Bari e provincia dal 2007, Massimo Zermo ci racconta le difficoltà avute nell’iniziare a svolgere la sua professione.
“Diciotto anni fa – afferma – è stato faticoso incominciare. La figura era nuova per le aziende, che ci vedevano quasi come ‘spie’ oppure come ispettori dell’Inps o dell’Inail e temevano sanzioni”.
“I primi approcci – ricorda – sono stati complicati, ma poi abbiamo iniziato a incontrare alcune imprese più ‘sensibili’, illustrando il nostro ruolo e, soprattutto, chiarendo che non irrogavamo sanzioni e che eravamo lì per tutelare la salute e la sicurezza di lavoratori e lavoratrici”.
“Le ditte – spiega – hanno quindi iniziato a capire che possiamo essere un utile supporto per aiutarle a calare concretamente nei luoghi di lavoro la sicurezza, soffermandoci sui rischi reali presenti in specifici cantieri, che sono comunque sempre in evoluzione: a volte basta spostare una tavola o lasciare una botola aperta perché accada un infortunio!”.
“Con il tempo, con tenacia e grazie al nostro ‘saper fare’ – dichiara Massimo Zermo – si è così creato un clima di maggiore fiducia e si è instaurato un buon rapporto con le imprese e con gli stessi lavoratori, che, grazie al nostro intervento, riescono a comprendere meglio l’importanza della tutela e del poter tornare a casa sani e salvi, rispettando regole e procedure”.
Anche se, ci dice il RLST, con le ‘vecchie’ generazioni è stato difficile fare capire l’importanza di ancorarsi alla linea vita e di indossare l’elmetto e le scarpe antinfortunistiche.
E lo è tuttora con molti lavoratori migranti che operano in Puglia (ad esempio: egiziani, tunisini e ucraini), a causa di difficoltà culturali e linguistiche.
“Per superare le barriere linguistiche – spiega – facciamo vedere loro anche video sui tablet per fare capire le possibili conseguenze di un infortunio, dovuto magari al mancato utilizzo dei dpi. Abbiamo anche proposto corsi di lingua italiana per favorire la comunicazione all’interno dei cantieri. Incomprensioni linguistiche, ad esempio nell’utilizzo di gru e di altri macchinari, possono infatti causare gravi infortuni agli operai e ai loro compagni di lavoro”.
“Inoltre – aggiunge – facciamo opera di sensibilizzazione anche sulle malattie professionali, ad esempio sulle patologie muscolo-scheletriche e sulle dermatiti, ma è ancora complicato far comprendere alle imprese la necessità di fare prevenzione in questo ambito”.
“Anche se ora – precisa – sono addirittura le imprese che ci chiamano per verificare la documentazione cartacea e visitare i cantieri, per valutare eventuali criticità ‘sul campo’ e intervenire per rimediare a possibili carenze. Soprattutto dopo l’introduzione della ‘patente a crediti’, molte ditte ci nominano come RLST per affrontare i cambiamenti, per valutare i Dvr e organizzare riunioni periodiche con i lavoratori”.
“Di solito – ci dice – visitiamo cantieri di piccole e medie dimensioni. Con le imprese più grandi e strutturate, è più complicato interfacciarsi e accedere ai luoghi di lavoro, soprattutto per quanto riguarda gli appalti pubblici: a volte non leggono nemmeno le nostre e-mail e non riusciamo a entrare nei cantieri a fare il nostro lavoro, anche se l’esperienza ci insegna che un infortunio può accadere in qualsiasi tipo di impresa e durante qualsiasi lavorazione”.
“Servirebbero maggiori strumenti e più poteri – conclude Massimo Zermo – per poter svolgere appieno i nostri compiti, in particolare nei cantieri pubblici, e perseguire il nostro unico obiettivo: ridurre infortuni e malattie professionali”.