La Lombardia guida il settore delle Costruzioni a livello nazionale: rappresenta infatti il 20% del comparto italiano, sia come imprese, che come numero di addetti e massa salari. A questo si abbina però il triste primato di infortuni e morti sul lavoro in Italia. Ne abbiamo discusso con Riccardo Cutaia, Segretario Generale FENEALUIL Lombardia.
Di cosa parliamo in questo articolo
- Quali sono le condizioni del settore delle Costruzioni in Lombardia?
- Come vi state tutelando al riguardo?
- Quali sono però le criticità?
- Quali difficoltà avete nei cantieri di queste opere?
- Come sta andando la ‘patente a crediti’?
- Quali sono le altre problematiche che riscontrate?
- Come state intervenendo per migliorare la situazione?
- Quali sono i prossimi progetti in campo?
Quali sono le condizioni del settore delle Costruzioni in Lombardia?
“Abbiamo moltissimi cantieri aperti e altri ne apriranno ancora, tra le Olimpiadi Milano-Cortina 2026 e le opere finanziate con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ci sono però tempistiche accelerate e stringenti cadenze da rispettare, sia per le Olimpiadi e Paralimpiadi che per il PNRR. Come Sindacato edile siamo disponibili a trovare tutte le soluzioni affinché le opere vengano realizzate nei tempi prestabiliti e le risorse pubbliche siano utilizzate al meglio, ma, dall’altro lato, non deve però essere messa in discussione la salute e la sicurezza di lavoratori e lavoratrici”.
Come vi state tutelando al riguardo?
“Oltre al recente Accordo su sicurezza, regolarità e qualità del lavoro siglato a Roma il 25 febbraio 2025 riguardante le opere e i servizi che verranno realizzati in occasione dei Giochi Olimpici e Paralimpici di Milano-Cortina 2026 (di cui si parla in un altro articolo di ‘Safety First’, ndr), il 3 febbraio 2025 abbiamo firmato a Milano un Protocollo per la sicurezza nei cantieri delle grandi opere pubbliche e private di interesse pubblico: un’intesa a tutto tondo, che riguarda tutti gli aspetti, sia tecnici che ‘politici’, dei cantieri. La Regione Lombardia ha messo insieme tutti i soggetti coinvolti: bilateralità, imprese, parti sociali e istituzioni come INAIL e ATS (Agenzie di Tutela della Salute). È stato un lavoro lungo, durato parecchi mesi, che ha permesso di ottenere buoni risultati. Vengono fissate regole precise, linee di indirizzo che se rispettate, possono davvero diminuire i rischi sul lavoro”.
Quali sono però le criticità?
“Si tratta ‘solo’ di linee di indirizzo, non ci sono norme cogenti: l’impatto dell’intesa sulle lavorazioni è così ridotto. E non sono previste sanzioni. Il Protocollo è comunque stato inviato a tutte le stazioni appaltanti e ci auguriamo che serva a intervenire concretamente, soprattutto sugli appalti e sui subappalti”.
Quali difficoltà avete nei cantieri di queste opere?
“Non sono fissi, ma si muovono, toccano tante località. Spesso sono piccoli cantieri, difficili da controllare. Con la stazione appaltante Simico abbiamo però stretto un accordo affinché rispetti le linee guida. Siamo comunque preoccupati per gli orari imposti ai lavoratori, che vengono aumentati. Un altro problema è che non esiste una normativa per gestire il lavoro durante i mesi più caldi. Non viene visto come un vero problema: invece, lo è. Con le temperature alte, anche al Nord Italia, può essere compromessa la salute di lavoratori e lavoratrici e aumenta il rischio di infortuni. Abbiamo aperto un dialogo con la Regione, ne discutiamo nelle cabine di regie, ma per ora non si riesce ad andare oltre semplici linee guida. Sarebbe davvero opportuno varare un ‘Decreto grande caldo’, come ha proposto la FENEAL nazionale”.
Come sta andando la ‘patente a crediti’?
“Purtroppo, non registriamo alcun miglioramento: non ha davvero inciso sulla situazione di infortuni e malattie professionali. Dovrebbe penalizzare le imprese che non rispettano le norme sulla sicurezza, ma il sistema per ora è lento e inefficace. Servirebbero interventi strategici: una patente elaborata nell’emergenza non è la soluzione. Il sistema bilaterale è importante e funziona bene, con consistenti risorse che vengono utilizzate per fare formazione e monitorare i cantieri. Non basta, però: servirebbe una messa in rete dei dati tra ATS, INAIL e Ispettorato del Lavoro. Lo scambio di informazioni è fondamentale. Così come servirebbe il ‘badge elettronico’ per monitore chi entra ed esce nei cantieri, anche in quelli privati, contrastando così il lavoro nero”.
Quali sono le altre problematiche che riscontrate?
“In Lombardia, il 60% dei lavoratori edili sono stranieri, spesso sfruttati e vittime di lavoro ‘nero’ e ‘grigio’. Non vengono formati adeguatamente, spesso perché non capiscono la lingua e avrebbero bisogno di una formazione più ‘consapevole’. Se non comprendi la lingua, è difficile lavorare in sicurezza in un cantiere. La contrattazione integrativa è importante: interviene su salari, formazione e sicurezza, ma anche qui servirebbe uno ‘scatto’ ulteriore, per realizzare effettivamente ciò che stabilisce il contratto nazionale, intervenendo in maniera mirata sui diversi territori regionali. Servirebbero anche maggiori poteri per i RLST, in modo che possano svolgere effettivamente il proprio lavoro, senza rincorrere a RLS ‘di comodo’, spesso familiari dello stesso datore di lavoro. Così si svilisce il loro ruolo e si perde la preziosa funzione di monitoraggio”.
Come state intervenendo per migliorare la situazione?
“Abbiamo recentemente attivato in via sperimentale presso la sede FENEAL di Milano il primo Sportello Sicurezza UIL ‘Tutela a 360 gradi’, rivolto a tutta la Lombardia (articolo su questo numero di ‘Safety First’, ndr). Nato da una proposta di FENEAL e ITAL nazionali, vuole realizzare concretamente l’obiettivo che si pone da tempo il nostro Sindacato: tutelare le persone a tutto tondo, non solo nell’ambito lavorativo. In questo caso, offrendo supporto psicologico gratuito alle vittime di infortuni e malattie professionali e ai loro familiari. Per non lasciarle soli a gestire una situazione molto difficile, non solo economicamente”.
Quali sono i prossimi progetti in campo?
“Stiamo lavorando all’istituzione di uno ‘Sportello Immigrazione’, per sostenere le lavoratrici e i lavoratori stranieri nell’espletamento delle pratiche, promuovere corsi di lingua italiana e aiutare le persone migranti a fare valere i propri diritti, compreso quello alla cittadinanza, alla casa e, naturalmente, alla salute e sicurezza sul lavoro. Per far conoscere le tutele alle quali hanno diritto e renderli quindi più consapevoli, in un’ottica di prevenzione. Lavoriamo inoltre per contrastare anche in Lombardia i fenomeni di sfruttamento lavorativo, se non di vera e propria schiavitù, come è avvenuto in un cantiere di una grande villa sul lago di Como, dove sono morti due lavoratori migranti, asfissiati dai fumi di una stufa che utilizzavano per dormire di notte in una baracca nei pressi del cantiere. È stato avviato anche un progetto per favorire la costituzione di parte civile del Sindacato nei processi penali che riguardano gravi infortuni sul lavoro, per sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere iniziative sociali con le risorse eventualmente recuperate”.