Il consumo di suolo è un tema complesso e di prioritaria importanza, sia dal punto di vista ambientale che socio-economico, e nel nostro Paese il compito istituzionale di svolgere una accurata attività di monitoraggio è affidato dalla Legge 28 giugno 2016, n. 132 all’ISPRA e al Sistema Nazionale a rete per la Protezione dell’Ambiente (SNPA).
Questo monitoraggio annuale si traduce nel rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, giunto all’undicesima edizione nel 2024, che fornisce un quadro aggiornato sull’evoluzione del consumo di suolo, delle dinamiche di trasformazione del territorio e della crescita urbana, attraverso la produzione di cartografia ufficiale e l’elaborazione di indicatori.
Come vedremo nel corso dell’articolo, secondo il rapporto, nel 2023 il consumo di suolo è rimasto elevato, avanzando al ritmo di circa 20 ettari al giorno, per un totale di circa 72,5 km² ricoperti. Al 2023, più di 21.500 km² del territorio italiano risultano cementificati, l’88% del quale su quello che viene definito “suolo utile”.
Approfondiamo insieme i dati pubblicati da ISPRA, non prima di aver chiarito il concetto di consumo di suolo.
Di cosa parliamo in questo articolo
L’importanza del suolo per l’economia, la società e l’ambiente
Il suolo è definito come lo strato superiore della crosta terrestre, composto da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi. È una risorsa vitale, limitata, non rinnovabile e insostituibile.
Un suolo sano è essenziale per l’economia, la società e l’ambiente, in quanto produce alimenti, aumenta la nostra resilienza ai cambiamenti climatici e agli eventi meteorologici estremi, immagazzina carbonio, ha una maggiore capacità di assorbire, conservare e filtrare l’acqua e fornisce servizi vitali come alimenti sicuri e nutrienti.
Di conseguenza, la protezione del suolo e la promozione della sua salubrità sono cruciali, considerando che il degrado di questo ecosistema vivente ha costi elevati; le stime nell’Unione Europea superano i 50 miliardi di euro all’anno per i costi dell’inazione riguardo al degrado del suolo.
Cosa si intende con consumo di suolo?
Il consumo di suolo (o Land Take) è un fenomeno legato alle dinamiche insediative e infrastrutturali e si riferisce alla variazione, in un determinato periodo di tempo, da una copertura naturale (suolo non consumato) a una copertura artificiale del suolo (suolo consumato).
Com’è facile intuire, il consumo di suolo è dovuto prevalentemente alla costruzione di nuovi edifici, fabbricati e insediamenti, all’espansione delle città, alla densificazione o alla conversione di terreno in un’area urbana, e all’infrastrutturazione del territorio. Dunque, questo fenomeno trasforma preziosi ecosistemi in aree artificiali.
Il rapporto ISPRA fa chiarezza in merito, distinguendo tra:
- Consumo di suolo permanente, dovuto alla presenza di una copertura artificiale permanente con conseguente impermeabilizzazione del suolo. Rientrano in questa categoria:
- edifici;
- fabbricati;
- strade asfaltate;
- sedi ferroviarie;
- aeroporti;
- porti (banchine e aree di movimentazione impermeabili/pavimentate);
- altre aree impermeabili (piazzali, parcheggi, cortili, campi sportivi);
- serre permanenti pavimentate;
- discariche.
- Consumo di suolo reversibile, dovuto alla presenza di una copertura artificiale reversibile con distruzione del suolo o perdita delle sue funzioni. Rientrano, invece, in questa categoria:
- strade sterrate;
- cantieri e altre aree in terra battuta (piazzali, parcheggi, cortili, campi sportivi, depositi permanenti di materiale);
- aree estrattive non rinaturalizzate;
- cave in falda;
- campi fotovoltaici a terra;
- altre coperture artificiali la cui rimozione ripristina le condizioni iniziali del suolo.
Il consumo di suolo netto è valutato attraverso il rapporto tra il consumo di suolo e l’aumento di superfici agricole, naturali e seminaturali dovuto a interventi di demolizione, de-impermeabilizzazione, ripristino e rinaturalizzazione.
Un’altra importante distinzione da conoscere è quella tra consumo di suolo e uso del suolo (o Land Use), che indica come il territorio viene (o può essere) impiegato in attività antropiche, come quella residenziale, industriale, commerciale, agricola, silvicola, ricreativa.

Infine, un altro concetto utile è quello di degrado del suolo, che consiste nell’alterazione delle sue condizioni a causa principalmente dell’attività umana, che porta alla riduzione o alla perdita di produttività biologica o economica. Può anche comportare la perdita, talvolta irreversibile, di biodiversità, funzioni e capacità di fornire servizi ecosistemici.
Lo Stato del consumo di suolo in Italia
Il rapporto ISPRA indica che il consumo di suolo in Italia continua a crescere con ritmi elevati. Nonostante una leggera diminuzione rispetto all’anno precedente, al 2023 il fenomeno è avanzato a una velocità di circa 20 ettari al giorno, portando alla copertura di ulteriori 72,5 km² di territorio nel corso dell’anno.
Questa superficie è paragonabile all’estensione di tutti gli edifici di Torino, Bologna e Firenze sommati insieme.
Occorre sostenere uno sviluppo sostenibile e di qualità che promuova la difesa e la tutela del territorio, la riqualificazione e la rigenerazione urbana.
Il consumo di suolo in Italia
Complessivamente, al 2023, si stima che oltre 21.500 km² del territorio italiano siano cementificati, corrispondenti al 7,16% della superficie nazionale.

Di questa superficie artificiale, l’88% insiste su “suolo utile”, ovvero aree teoricamente più idonee a diversi usi, incluse quelle con elevate capacità agro-forestali e maggiore pressione insediativa. La densità del consumo di suolo su questo “suolo utile” raggiunge i 3,47 m² per ettaro.
Nel periodo 2022-2023, il consumo di suolo complessivo è stato di 72,54 km², mentre il consumo di suolo netto, che tiene conto degli interventi di ripristino (principalmente recupero di aree di cantiere), è stato di 64,39 km², poiché solo poco più di 8 km² di aree naturali sono state ripristinate.

Per quanto concerne, invece, le tipologie di consumo:
- il consumo di suolo permanente nel 2022-2023 è stato di 13,79 km² (1.379 ettari). Di questi, 674 ettari sono dovuti a nuovi edifici e 75 ettari a infrastrutture;
- il consumo di suolo reversibile nello stesso periodo è stato di 58,75 km² (5.875 ettari), con 4.756 ettari dovuti a cantieri.


Impatto economico
L’impatto economico del consumo di suolo è significativo. La perdita dei servizi ecosistemici costa all’Italia oltre 400 milioni di euro all’anno.
Questo include costi legati alla riduzione del cosiddetto “effetto spugna” del terreno, ovvero la capacità di assorbire e trattenere acqua, alla perdita di produzione agricola, allo stoccaggio di carbonio e alla regolazione del clima.
Nel report si evidenziano anche costi elevati per il degrado del suolo nell’UE (oltre 50 miliardi di euro all’anno).
Dati e tendenze regionali
Al 2023, 15 regioni italiane superano la soglia del 5% di suolo consumato sul proprio territorio.
Le regioni con la più alta percentuale di suolo consumato (cumulativo al 2023) sono:
- Lombardia (12,19%): detiene il primato anche in termini assoluti, con oltre 290.000 ettari di territorio coperto artificialmente;
- Veneto (11,86%);
- Campania (10,57%).
Altre regioni con valori superiori alla media nazionale (7,16%) e compresi tra il 7% e il 9% includono Emilia-Romagna, Puglia, Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Liguria. La Valle d’Aosta rimane la regione con la percentuale più bassa (2,16%).

Per quanto riguarda l’incremento annuale del consumo di suolo, le regioni che hanno registrato i maggiori aumenti in ettari sono:
- Veneto (+891 ettari);
- Emilia-Romagna (+815 ettari);
- Lombardia (+780 ettari);
- Campania (+643 ettari);
- Piemonte (+553 ettari);
- Sicilia (+521 ettari).
Considerando il consumo di suolo netto (al netto dei ripristini) nel periodo 2022-2023, gli incrementi maggiori si sono registrati in:
- Emilia-Romagna (+735 ettari);
- Lombardia (+728 ettari);
- Campania (+616 ettari);
- Veneto (+609 ettari);
- Piemonte (+533 ettari);
- Sicilia (+483 ettari).
Le regioni con i minori incrementi annuali in ettari (2022-2023) sono Valle d’Aosta (+17 ettari) e Liguria (+28 ettari). Il Molise ha registrato un consumo di suolo annuale netto negativo, in gran parte a causa del ripristino di aree in seguito alla posa di metanodotti.
In termini di incremento percentuale rispetto alla superficie artificiale esistente (2022-2023), la Sardegna presenta il valore più elevato (+0,57%), seguita da Campania (+0,45%) e Basilicata (+0,43%). Queste regioni sono sopra la media nazionale (+0,34%).
La densità dei cambiamenti netti (m²/ha, 2022-2023), rapportata alla superficie territoriale, evidenzia un contributo prevalente del Nord-Est (3,21 m²/ha), al di sopra della media nazionale (2,41 m²/ha). Regioni con densità di consumo di suolo annuale particolarmente elevate sono Veneto (4,86 m²/ha), Campania (4,73 m²/ha), Emilia-Romagna (3,62 m²/ha) e Lombardia (3,27 m²/ha).
Considerando il periodo più lungo (2006-2023), il consumo di suolo complessivo maggiore in ettari è avvenuto in Veneto (164 km²), Lombardia (163 km²) e Puglia (149 km²). Al netto dei ripristini, quest’ultima registra il maggiore consumo netto (147 km²), seguita da Lombardia (135 km²) e Veneto (134 km²).

Dati e tendenze provinciali
A livello provinciale, al 2023, la provincia di Monza e Brianza si conferma al primo posto per percentuale di suolo artificiale, con circa il 41% del territorio consumato. Seguono le province di Napoli (35%) e Milano (32%) con oltre il 30% di suolo consumato. Altre province con elevate percentuali includono Trieste (21%), Varese (21%), Padova (19%) e Treviso (17%).
In termini di superficie consumata aggiuntiva (2022-2023), le province con i maggiori incrementi in ettari sono:
- Verona (+323 ettari);
- Roma (+254 ettari);
- Cagliari (+199 ettari).
La Città Metropolitana di Roma detiene la maggiore superficie consumata totale, con oltre 70.620 ettari al 2023. Torino segue con circa 58.608 ettari.
La densità di consumo di suolo annuale (m²/ha, nel 2022-2023) è particolarmente elevata nelle province di Cagliari, Napoli, Monza e Brianza e Verona, che superano tutte la soglia dei 10 m²/ha. Cagliari registra la densità più alta tra le città metropolitane.
La distribuzione territoriale del consumo di suolo mostra come le province della pianura Emiliana-Lombardo-Veneta, molte province della costa adriatica, Roma, la Campania e la Sardegna presentino generalmente densità di consumo di suolo superiori alla media nazionale.
Dati e tendenze comunali
A livello comunale, il consumo di suolo annuale (2022-2023) in ettari è maggiore in comuni come Uta (105,84 ha), Ravenna (89,06 ha), Roma (71,33 ha), Reggio Emilia (43,28 ha), Verona (36,94 ha), Forlì (35,72 ha), Augusta (35,38 ha), San Bonifacio (36,00 ha) e Montebello Vicentino (35,35 ha).
Per quanto riguarda la percentuale di suolo consumato sul territorio comunale (cumulativo al 2023), i comuni con i valori più alti includono Lissone (71,45%), Sesto San Giovanni (69,28%), Lallio (67,09%) e Torino (66,53%).
L’analisi del rapporto tra consumo di suolo e dinamiche demografiche evidenzia che, tra i comuni con popolazione crescente, il maggior contributo al consumo di suolo (2022-2023) proviene dai comuni con popolazione compresa tra i 10.000 e i 20.000 abitanti.
In molti comuni, l’aumento del consumo di suolo si verifica anche in presenza di una popolazione stabile o in diminuzione. Ad esempio, ad Augusta, a fronte di un aumento di soli tre abitanti, sono stati consumati 35 ettari. Tra i comuni in cui la popolazione è cresciuta tra il 2011 e il 2021, il 56% ha comunque registrato una riduzione demografica a fronte di un aumento del consumo di suolo.
Il consumo di suolo in aree sensibili: rischio idrogeologico, sismico e aree vincolate
Il consumo di suolo in Italia non riguarda solo la generalità del territorio, ma incide significativamente anche su aree particolarmente sensibili dal punto di vista del rischio idrogeologico e sismico e della tutela (aree protette e vincolate paesaggisticamente).
L’analisi di questo fenomeno in tali contesti si basa sul confronto tra le mappe del consumo di suolo e le cartografie di pericolosità e tutela.
Consumo di suolo in aree a pericolosità idraulica
Come le cronache degli ultimi anni hanno mostrato, le aree a pericolosità idraulica, dove il rischio di allagamento è presente, mostrano una significativa artificializzazione.
Vediamo, nel dettaglio, i dati forniti da ISPRA:
- al 2023, il 13,10% del suolo consumato totale nazionale ricade in aree a pericolosità idraulica media (MPH), coprendo il 9,30% della superficie complessiva di tali aree. Questo valore è sensibilmente superiore alla media nazionale di suolo consumato;
- l’incremento del consumo di suolo (2022-2023) in queste aree è stato di 1.107,5 ettari;
- quasi due terzi di questo nuovo consumo in aree MPH si è concentrato in Emilia-Romagna (+577,4 ettari) e Toscana (+148,4 ettari);
- gli incrementi percentuali maggiori di consumo di suolo (2022-2023) in aree MPH si sono registrati in Sicilia (+0,67%), Abruzzo (+0,66%) e Sardegna (+0,64%), valori superiori alla media nazionale per le aree MPH (poco meno dello 0,4%);
- considerando la pericolosità idraulica elevata (HPH), al 2023 risulta consumato il 6,40% della superficie, con un incremento di 439 ettari nel 2022-2023;
- nelle aree a pericolosità bassa (LPH), il suolo consumato al 2023 è pari all’11,20%, con un incremento di 1.613 ettari;
- la Liguria presenta la percentuale più alta di suolo consumato nelle aree a pericolosità idraulica in generale. Regioni con oltre il 9% di suolo consumato nelle aree a pericolosità media (MPH) al 2023 includono Trentino-Alto Adige, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania e Sicilia;
- una parte significativa delle aree edificate a livello nazionale (12,9%, pari a 69.743 ettari) ricade in zone a pericolosità idraulica media. L’Emilia-Romagna ha la percentuale più elevata di aree edificate in zone MPH (63%, pari a 33.261 ettari).

Consumo di suolo in aree a pericolosità da frana
Anche le aree soggette a rischio frane sono interessate dal consumo di suolo.
Nel dettaglio:
- circa l’11% del suolo consumato a livello nazionale ricade in aree a pericolosità da frana;
- quasi il 5% delle aree a pericolosità moderata (P1) risulta consumato, percentuale che passa a circa il 2,5% per quelle a pericolosità elevata (P3) e molto elevata (P4);
- l’incremento del consumo di suolo (2022-2023) in queste aree è stato di oltre 530 ettari, di cui quasi 38 in aree a pericolosità molto elevata (P4). Le tabelle indicano un incremento totale di circa 580 ettari tra tutte le classi di pericolosità da frana;
- le percentuali più elevate di suolo consumato all’interno delle aree a pericolosità da frana media (P2) si registrano in Lombardia (15,53%), Piemonte (15,43%) e Friuli-Venezia Giulia (12,86%);
- esempi di cambiamenti (2022-2023) dovuti principalmente a cantieri in aree a pericolosità da frana includono Tirano, Maiolo, Sala Baganza, Rignano sull’Arno, Cortona, Eboli e Albanella;
- l‘8,6% delle aree edificate a livello nazionale (46.436 ettari) si trova in zone a pericolosità da frana. Valle d’Aosta (55,29%) e Liguria (49,4%) hanno circa la metà dei loro edifici in aree a pericolosità da frana. La Toscana è la regione con la maggiore estensione in ettari di aree edificate esposte al rischio frane (10.518 ettari, il 32% delle aree edificate regionali).

Consumo di suolo in aree a pericolosità sismica
Anche il rischio sismico interessa in modo significativo aree con presenza di suolo consumato:
- al 2023, risulta consumato il 7,04% delle aree a pericolosità sismica alta e il 4,63% di quelle a pericolosità molto alta;
- tra il 2022 e il 2023, si è registrata una crescita di ulteriori 2.289,8 ettari in aree a pericolosità sismica, di cui 216,5 ettari in aree a pericolosità molto alta;
- quasi la metà dei cambiamenti in aree ad alta pericolosità sismica si concentra in Emilia-Romagna (466,4 ettari), Campania (268,8 ettari) e Sicilia (273,3 ettari);
- quasi tre quarti dei cambiamenti in aree a pericolosità molto alta si trovano in Abruzzo (68,0 ettari), Campania (63,4 ettari) e Sicilia (26,6 ettari);
- in termini di incremento percentuale (2022-2023) sul suolo già consumato in aree sismiche, i valori più alti si hanno in Lombardia e Campania (entrambi +0,4%), per le aree ad alta pericolosità, e in Abruzzo (+0,6%), per quelle a pericolosità molto alta;
- il 36,2% della superficie edificata nazionale (196.234 ettari) ricade in aree a pericolosità sismica. Le regioni con le percentuali più alte di edifici esposti sono Marche (100%), Calabria (95%) e Umbria (92%). Emilia-Romagna (36.226 ettari) e Veneto (26.975 ettari) sono invece le regioni con la maggiore estensione assoluta di aree edificate in zone sismiche.

Consumo di suolo in aree protette (EUAP e Natura 2000)
Nonostante la loro importanza per la conservazione, anche le aree protette sono soggette a consumo di suolo.
- al 2023, nelle aree protette nazionali EUAP (Elenco Ufficiale delle Aree Protette), il suolo consumato totale ammonta a 58.601 ettari, pari all’1,9% della loro superficie;
- il consumo di suolo netto (2022-2023) all’interno delle aree protette EUAP è stato di 70 ettari;
- le aree protette EUAP con la maggiore superficie consumata al 2023 sono i Parchi Naturali Regionali (25.662 ha, 2,03%) e i Parchi Naturali Nazionali (24.921 ha, 1,62%). Questi tipi di aree hanno anche registrato il maggiore consumo di suolo netto nel 2022-2023 (34,11 ha e 29,63 ha rispettivamente);
- nelle aree della Rete Natura 2000, al 2023 sono stati consumati 102.900 ettari;
- oltre l’81% del suolo consumato nelle aree Natura 2000 si concentra nelle Zone Speciali di Conservazione (ZSC, 41%) e nelle Zone di Protezione Speciale (ZPS, 40%);
- il consumo di suolo netto (2022-2023) nelle aree Natura 2000 ammonta a 168,5 ettari. Quasi il 40% di questo nuovo consumo (66,5 ettari) ricade nelle ZPS.


Consumo di suolo in aree vincolate per la tutela paesaggistica
Le aree soggette a vincoli paesaggistici ai sensi del Codice Urbani presentano anch’esse un consumo di suolo, sebbene inferiore alla media nazionale.
Nello specifico:
- al 2023, la percentuale di superficie consumata all’interno delle aree vincolate è del 5,43%, valore inferiore alla media nazionale;
- l’aumento netto del consumo di suolo (2022-2023) in queste aree è stato di poco inferiore a 1.400 ettari, specificamente 1.399 ettari;
- la Campania è la regione con la percentuale più alta di suolo consumato in aree vincolate (11,04%) ed è anche quella con il maggiore aumento in ettari (+135,3 ha) e densità (3,53 m²/ha) nel 2022-2023;
- le tipologie di aree vincolate con percentuale di suolo consumato superiore alla media nazionale sono quelle relative a coste, laghi e fiumi (articolo 142, comma 1, lettere a, b, c, con il 7,36% consumato e un massimo del 12,35% in Veneto) e quelle nei pressi dei vulcani (13,78% consumato, con un massimo del 27,55% in Campania);
- questi stessi ambiti (coste/laghi/fiumi e vulcani) sono stati i più interessati dai nuovi cambiamenti nel 2022-2023, con incrementi rispettivamente di 766,4 ettari e 753,7 ettari. Quasi un terzo dei nuovi cambiamenti nei pressi di coste, laghi e fiumi si sono concentrati in Emilia-Romagna (+95,4 ha), Veneto (+86,3 ha) e Lombardia (+82,7 ha). Il Molise ha registrato un consumo negativo in quest’ultima categoria (-9,4 ha) a causa di ripristini;
- il consumo di suolo in aree di montagna vincolate risulta marginale.

Le cause principali del consumo di suolo
Secondo il rapporto elaborato da ISPRA, le cause principali del consumo di suolo registrato nel nostro Paese sono da individuare nei seguenti fenomeni:
- logistica e grande distribuzione: solo nel 2023, la logistica ha coperto altri 504 ettari. Questo incremento è attribuibile principalmente all’espansione dell’indotto produttivo e industriale (63%), mentre la grande distribuzione/commerciale e le strutture legate all’e-commerce contribuiscono per circa un quinto ciascuna (20% e 17% rispettivamente). Il fenomeno si concentra soprattutto nelle regioni del Nord Italia;
- installazione di impianti fotovoltaici a terra: come menzionato prima, anche gli impianti fotovoltaici a terra sono indicati come una delle cause principali dell’aumento del consumo di suolo. Ad esempio, nel comune di Uta, il maggiore incremento annuale di suolo consumato (106 ettari) è stato in gran parte attribuibile all’installazione di impianti fotovoltaici a terra nella zona industriale. Altri esempi includono Ferrandina, dove circa 30 ettari di consumo sono dovuti alla realizzazione di un impianto fotovoltaico, e Candela, dove la realizzazione di tre impianti fotovoltaici ha interessato circa 8 ettari di suolo agricolo;
- costruzione di nuovi edifici e insediamenti: il consumo di suolo è prevalentemente dovuto alla costruzione di nuovi edifici, fabbricati e insediamenti. Nel periodo 2022-2023, gli edifici hanno rappresentato 674 ettari di consumo di suolo permanente;
- infrastrutturazione del territorio: l’espansione delle infrastrutture è una causa importante del consumo di suolo. In particolare, quelle stradali sono tra le prime cause di consumo di suolo in Italia, con un aumento di 9.962 ettari tra il 2006 e il 2022. Le autostrade sono le più impattanti sia direttamente (per la loro larghezza e gli impianti accessori) sia indirettamente, influenzando l’aumento dell’urbanizzazione e delle attività produttive/logistiche nelle aree circostanti. Altri tipi di infrastrutture menzionate nel rapporto includono l’espansione della zona portuale a Ravenna e l’ampliamento di aree di stoccaggio rifiuti;
- aree di cantiere: le aree di cantiere rappresentano una componente significativa del consumo di suolo reversibile. Nel 2022-2023, esse hanno contribuito per 4.756 ettari al consumo reversibile, spesso legate ai grandi progetti infrastrutturali o di sviluppo edilizio;
- attività estrattive: l’ampliamento di cave è stato identificato come causa di consumo in comuni come Roma. Le cave e miniere, sebbene rappresentino un minor consumo in ettari (44.1 ha nel 2022-2023), mostrano un’alta densità di consumo.
Questi fenomeni si manifestano in modo più accentuato nelle aree suburbane e rurali, incidendo significativamente anche su terreni agricoli.
Un impatto enorme
L’analisi degli impatti del consumo di suolo sui servizi ecosistemici mostra come l‘artificializzazione di aree con elevato valore agricolo o naturale possa avere conseguenze significative sulla fornitura di servizi essenziali come la regolazione idrologica, la produzione di cibo e la conservazione degli habitat.
Inoltre, i dati e i più recenti fatti di cronaca evidenziano che il consumo di suolo non risparmia le aree sensibili, comprese quelle a rischio idrogeologico e sismico e quelle sottoposte a tutela paesaggistica e ambientale.
Le trasformazioni in queste aree comportano non solo la perdita diretta di suolo non artificiale, ma anche potenziali impatti aggiuntivi legati alla maggiore esposizione a rischi naturali e alla compromissione dei valori ecologici e paesaggistici.
In questo contesto, risulta quanto mai essenziale assicurare, da una parte, il rispetto ambientale e paesaggistico dei territori in cui si costruisce, e, dall’altra, considerare molto attentamente il profilo di rischio degli stessi, cercando di limitare la costruzione in aree ad alto rischio e intervenendo per garantire che edifici e strutture siano dotati dei più alti standard in materia di sicurezza.