Interessante pronunciamento della Suprema Corte in merito alle responsabilità della ditta affidataria per quanto riguarda l’installazione di un ponteggio.
La Cassazione Penale – Sezione 4, con la sentenza n°. 45405 dell’11 dicembre 2024, ha sancito la responsabilità del titolare dell’impresa affidataria per la violazione degli articoli 113 e 589, commi 1 e 2 del codice penale (omicidio colposo in cooperazione colposa), in riferimento alla morte di un operaio (avvenuta nel 2015) di una ditta subappaltatrice mentre era in corso l’installazione degli ultimi piani di un ponteggio metallico prefabbricato necessario per l’esecuzione di lavori di ristrutturazione della facciata di un condominio.
Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, l’operaio addetto alle operazioni di montaggio cadde al suolo da un’altezza di circa quindici metri perché nell’ultimo piano del ponteggio non erano stati inseriti i perni di collegamento tra i montanti e perché, non essendo stata predisposta una linea vita, non c’era un supporto al quale egli potesse ancorare la cintura di sicurezza che indossava.
Come risulta dalla lettura del capo di imputazione, il titolare dell’impresa affidataria è stato accusato dell’infortunio occorso al dipendente dalla ditta che aveva ricevuto l’appalto per l’installazione del ponteggio per aver redatto un Piano Operativo di Sicurezza (POS) non adeguato ai contenuti previsti dall’art. 89, primo comma, lett. h) di cui all’allegato XV punto 3.2.1. lett. a) n. 2 D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, in quanto carente della descrizione delle specifiche attività e singole lavorazioni svolte dalla ditta subappaltatrice (art. 97, primo comma, D.Lgs. n. 81/08), e per aver omesso di verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati alla ditta subappaltatrice previste dalle prescrizioni del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC).
Nella sua memoria, il Procuratore generale ha rilevato che «a fronte di una evidente deficienza strutturale del ponteggio allestito nel cantiere (ponteggio non stabile in quanto i montanti non erano collegati dalle cosiddette ‘spine a verme’ e imbracatura inidonea in quanto non ancorata a un punto stabile), è stata omessa qualsivoglia verifica circa le condizioni di sicurezza dei dipendenti dell’impresa esecutrice dei lavori affidati in subappalto».
Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, l’infortunio fu causato dal cedimento di un cavalletto a cui era attaccata una carrucola. Tale cedimento fu determinato dal fatto che i montanti del cavalletto non erano stati collegati agli altri montanti come sarebbe stato doveroso. L’infortunato cadde da una altezza di quindici metri perché la cintura di sicurezza che indossava non era stata agganciata, ma ciò non dipese da negligenza del lavoratore, bensì dal fatto che (a differenza di quanto previsto dal Piano di montaggio uso e smontaggio del ponteggio) non era stata predisposta una linea vita cui fosse possibile agganciarsi.
I giudici di merito hanno ritenuto che il POS dell’impresa affidataria fosse insufficiente perché non prendeva minimamente in considerazione i lavori di installazione del ponteggio e i conseguenti rischi di caduta dall’alto.
La responsabilità del titolare dell’impresa affidataria è stata ritenuta «sussistente perché egli non aveva valutato i rischi connessi al montaggio del ponte e non aveva eseguito alcuna verifica sul corretto adempimento da parte dell’impresa subappaltatrice degli obblighi assunti: una verifica che era possibile perché la mancanza della linea vita era immediatamente percepibile e il montaggio del ponte, iniziato da tempo, stava per essere ultimato».
Il rischio verificatosi, dunque, era proprio tra quelli che le norme di prevenzione violate miravano ad evitare: se la doverosa vigilanza fosse stata realizzata e la predisposizione della linea guida fosse stata pretesa, infatti, l’operaio avrebbe potuto agganciare la cintura di sicurezza che aveva indossato e l’evento non si sarebbe verificato.