Il sistema pensionistico italiano ha subito numerose modifiche nel corso degli ultimi decenni, che hanno portato a un aumento dell’età pensionabile e alla riduzione dell’importo dell’assegno mensile. Per questo motivo, il legislatore ha ritenuto opportuno introdurre, regolamentare e sostenere la previdenza complementare, che si declina, tra le altre cose, nei cosiddetti fondi pensione integrativi.
Si tratta, come vedremo, di istituti creati con uno scopo ben preciso, ovvero consentire ai lavoratori (e non solo) di accantonare una somma di denaro che possa, una volta giunti all’età della pensione, supportarli economicamente onde mantenere il tenore di vita precedente ed evitare, o comunque ridurre, il rischio di povertà senile.
Approfondiamo insieme e cerchiamo di capire cosa sono i fondi pensione integrativi, come funzionano e come aderirvi.
Di cosa parliamo in questo articolo
- Fondi pensione integrativi: il secondo pilastro previdenziale
- Dal retributivo al contributivo: la necessità di integrare la pensione
- Il tasso di sostituzione
- Patto generazionale vs capitalizzazione individuale
- Le caratteristiche dei fondi pensione integrativi
- Fondi pensione aperti, negoziali, PIP e preesistenti
- Come aderire ai fondi pensione integrativi
- Come si contribuisce al fondo pensione
- La fiscalità agevolata
- I fondi pensione negoziali per il settore delle costruzioni
Fondi pensione integrativi: il secondo pilastro previdenziale
In Italia, i fondi pensione integrativi sono strumenti di previdenza complementare al sistema pensionistico pubblico obbligatorio gestito dall’INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, introdotti dal Decreto legislativo del 21 aprile 1993, n. 124, abrogato poi dal D.Lgs 5 dicembre 2005, n. 252.
Come suggerisce il termine, si tratta di una forma di previdenza aggiuntiva e non sostitutiva, che integra la pensione pubblica. Per questa ragione è anche definita il secondo pilastro del sistema pensionistico del nostro Paese, una sorta di omologo, nella previdenza, di ciò che rappresentano i fondi di assistenza sanitaria integrativa per la sanità pubblica.
A tal proposito, invitiamo a leggere l’articolo Cosa sono i fondi sanitari integrativi
Tornando ai fondi pensione, essi sono stati introdotti per incentivare la formazione di una previdenza aggiuntiva al fine di offrire una maggiore copertura pensionistica rispetto a quella offerta dai soli contributi versati al sistema previdenziale di base.
Semplificando, essi hanno lo scopo di supportare economicamente i lavoratori in uscita dal mercato del lavoro in seguito al pensionamento, aiutandoli a preservare un tenore di vita simile al precedente.
La partecipazione a un fondo pensione integrativo è una scelta personale, volontaria, e può essere considerata un’opzione di risparmio a lungo termine per il futuro pensionistico.
Dal retributivo al contributivo: la necessità di integrare la pensione
Com’è noto, a partire dagli anni ‘90 il sistema pensionistico italiano ha subito numerosi cambiamenti, a seguito di molteplici riforme, che hanno reso meno conveniente rispetto al passato il passaggio dal lavoro alla pensione.
Il cambiamento più rilevante, in tal senso, consiste nel passaggio dal cosiddetto sistema retributivo a quello contributivo, che possiamo sintetizzare come segue:
- sistema retributivo: nel sistema retributivo, la pensione viene calcolata principalmente in base alla media delle ultime retribuzioni. In pratica, l’importo della pensione è correlato direttamente al reddito dell’ultimo periodo lavorativo del dipendente;
- sistema contributivo: nel sistema contributivo, le pensioni sono correlate all’ammontare dei contributi versati dal lavoratore durante la sua vita lavorativa, alla crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) e alla speranza di vita al momento del pensionamento.
Com’è facile intuire, un conto è andare in pensione con un assegno mensile calcolato sulla base della media delle ultime retribuzioni, che tendenzialmente è più alta rispetto a quella incassata a inizio carriera, un altro è farlo con una pensione frutto dei contributi versati nell’arco della propria vita lavorativa, magari condizionata da interruzioni, periodi di inoccupazione o contratti precari, in particolare nei primi anni di lavoro.
Il tasso di sostituzione
Per comprendere meglio questa forbice tra la pensione alla quale si aveva diritto in passato con il sistema retributivo e quella attesa oggi con il contributivo, si può utilizzare uno strumento denominato “tasso di sostituzione”.
Secondo la definizione fornita dalla COVIP nell’opuscolo “Guida introduttiva alla previdenza complementare”, il tasso di sostituzione
“esprime il rapporto fra la prima rata che riscuoterai al momento del pensionamento e l’ultimo reddito da lavoro percepito.”
In pratica, è la differenza tra l’ultima busta paga da lavoratore e il primo assegno pensionistico.
Purtroppo, la distanza tra i due si fa sempre più consistente e questo ha spinto anche il nostro Paese sulla strada adottata già da altri, affiancando alla previdenza obbligatoria un sistema, estremamente vigilato, di previdenza integrativa, nel quale i fondi pensione integrativi svolgono un ruolo cruciale.
Patto generazionale vs capitalizzazione individuale
Cosa differenzia la previdenza pubblica obbligatoria da quella complementare?
Alla base di tutto c’è un diverso sistema di formazione della rendita futura alla quale il lavoratore avrà diritto una volta andato in pensione.
Infatti, mentre nella previdenza pubblica il singolo lavoratore riceve una pensione erogata dall’INPS attraverso un finanziamento derivante, di fatto, dai contributi previdenziali pagati dai lavoratori in essere (e dalla fiscalità generale) – in altre parole, chi lavora oggi paga le pensioni di chi non lavora più -, con i fondi pensione integrativi si applica il principio della capitalizzazione individuale.
Cosa vuol dire?
Che ogni lavoratore, attraverso il versamento dei propri contributi al fondo scelto e l’investimento degli stessi in strumenti finanziari, va a costruire il cosiddetto montante, ovvero una somma di denaro che andrà ad accumularsi nel corso degli anni di permanenza per poi essere erogata sotto forma di pensione integrativa.
Semplificando, ciò significa che ogni lavoratore si costruisce la propria pensione, con i propri contributi e non con quelli dei lavoratori attivi.
Considerando l’invecchiamento della popolazione italiana, l’elevato tasso di disoccupazione giovanile, il costante innalzamento dell’età pensionabile e le difficoltà economiche nelle quali versano le casse previdenziali pubbliche, appare evidente che il sistema di capitalizzazione individuale adottato anche dai fondi pensione risulti un’opportunità di cui tenere conto.
Le caratteristiche dei fondi pensione integrativi
Abbiamo spiegato che la previdenza complementare ricopre un ruolo di integrazione e supporto a quella pubblica, obbligatoria, e che rappresenta un valido aiuto economico per i lavoratori che vanno in pensione con il sistema contributivo.
Ma quali sono le principali caratteristiche dei fondi pensione integrativi? Le elenchiamo di seguito:
- volontarietà: l’adesione ai fondi pensione integrativi è volontaria, sia per i lavoratori sia per le imprese che tuttavia ne sono obbligate nel caso sia previsto dai CCNL. Proprio per questo, possono esserci delle forme di incentivazione fiscale o di contributi aziendali per promuovere la partecipazione;
- contribuzione: gli aderenti ai fondi pensione integrativi versano contributi periodici, che vengono investiti per generare rendimenti e accrescere il capitale pensionistico;
- gestione finanziaria: i fondi pensione investono i contributi raccolti in una varietà di strumenti finanziari, come azioni, obbligazioni, immobili e altri strumenti, al fine di ottenere rendimenti adeguati;
- benefici pensionistici: alla data di pensionamento, i partecipanti hanno diritto a ricevere una rendita o un capitale accumulato, in base alle regole del fondo e agli importi versati durante il periodo di adesione;
- trasferibilità: in alcuni casi, i lavoratori possono trasferire il proprio capitale accumulato da un fondo pensione integrativo a un altro, ad esempio in seguito a un cambio di lavoro;
- incentivi fiscali: proprio per via della loro centralità nel sistema previdenziale, lo Stato italiano ha previsto incentivi fiscali per coloro che aderiscono ai fondi pensione integrativi, come deduzioni o detrazioni fiscali sui contributi versati.
L’obiettivo principale dei fondi pensione integrativi, lo ricordiamo, è fornire una maggiore stabilità economica ai lavoratori una volta raggiunta l’età pensionabile, consentendo loro di integrare la pensione pubblica con un beneficio aggiuntivo.
Fondi pensione aperti, negoziali, PIP e preesistenti
I fondi pensione in Italia possono essere suddivisi in diverse categorie in base alla loro natura, al tipo di adesione e alla normativa di riferimento.
Nello specifico, possiamo elencare i seguenti:
- fondi pensione negoziali;
- fondi pensione aperti;
- PIP (Piani Individuali Pensionistici);
- fondi pensione preesistenti.
Approfondiamo insieme.
1. Fondi pensione negoziali
I fondi pensione negoziali sono la prima grande opzione per il lavoratore in cui a versare non è solo il lavoratore ma anche l’azienda. Essi sono costituiti da accordi tra i Sindacati e le associazioni datoriali e riservati ai lavoratori di specifici settori o aziende che applicano un CCNL che ne prevede l’adesione.
Per questa ragione, vengono anche definiti fondi pensione chiusi o di categoria, in contrapposizione a quelli aperti.
In questo caso il lavoratore può scegliere di versare, oltre al TFR, un contributo a proprio carico, il cui importo minimo è stabilito dal contratto collettivo di riferimento. In tal caso anche il datore di lavoro è tenuto a versare un contributo, anch’esso stabilito dalla contrattazione collettiva.
La gestione del fondo è affidata a enti di previdenza o gestori specializzati.
Le regole e le prestazioni possono variare in base all’accordo collettivo sottoscritto.
2. Fondi pensione aperti
I fondi pensione aperti sono caratterizzati dal fatto che chiunque può aderirvi, indipendentemente dalla propria categoria lavorativa di appartenenza (lavoratori dipendenti, autonomi o professionisti).
Sono istituiti da banche, imprese di assicurazione, società di gestione del risparmio (SGR) e società di intermediazione mobiliare (SIM) e sono sottoposti a specifiche regole di vigilanza e supervisione da parte dell’Autorità di Vigilanza sui Fondi Pensione (COVIP).
3. Piani Individuali Pensionistici (PIP)
I Piani Individuali Pensionistici (PIP) sono forme di previdenza integrativa a livello individuale e rappresentano i contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziale.
Sono costituiti da contratti tra i singoli partecipanti e le società di gestione del risparmio o enti di previdenza e consentono ai singoli individui di accumulare un capitale previdenziale personale per la propria pensione.
A differenza dei fondi aperti, i PIP non possono raccogliere adesioni collettive, ma solo individuali.
4. Fondi pensione preesistenti
I fondi pensione preesistenti sono fondi pensione istituiti prima dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 124 del 1993, con il quale sono stati introdotti i fondi pensione aperti o i fondi negoziali.
Essi possono continuare a esistere e accogliere nuovi partecipanti, ma sono soggetti alle norme e alle leggi vigenti al momento della loro istituzione.
Come aderire ai fondi pensione integrativi
Come spiegato, l’adesione a una forma di previdenza complementare è volontaria e non obbligatoria ed è prevista come opzione da specifici contratti collettivi nazionali di lavoro. Ogni individuo/lavoratore può decidere, quindi, se aderire oppure no.
Laddove dovesse decidere di aderire, l’individuo ha essenzialmente due opzioni:
- aderire al fondo pensione negoziale previsto dal proprio CCNL;
- scegliere un fondo pensione aperto o un PIP, al quale aderire in forma individuale.
A proposito della prima opzione, è bene ricordare che:
- il contributo a carico dell’azienda si percepisce solo se si aderisce al fondo contrattuale;
- in caso di prima occupazione, il lavoratore dipendente del settore privato, entro sei mesi dall’assunzione, deve decidere se destinare il proprio trattamento di fine rapporto (TFR) alla previdenza complementare o lasciarlo in azienda;
- qualora non si esprimesse alcuna volontà, si procede con l’adesione tacita, ovvero il lavoratore viene iscritto alla forma pensionistica collettiva individuata dal proprio contratto nazionale di lavoro o dall’accordo aziendale.
Come si contribuisce al fondo pensione
Abbiamo visto che la differenza sostanziale tra previdenza pubblica obbligatoria e previdenza complementare consiste nel sistema a capitalizzazione individuale, ovvero nel fatto che il singolo aderente al fondo pensione costruisce la propria rendita futura, attraverso i contributi versati all’ente prescelto.
Ma come si versano questi contributi? Le opzioni sono essenzialmente tre:
- contributo individuale, nelle modalità previste dal fondo pensione al quale si aderisce. Solitamente, è espressa una somma da corrispondere, ma è possibile versare un importo maggiore;
- TFR, qualora si decidesse di destinarlo al fondo pensione invece di lasciarlo in azienda;
- contributo aziendale, previsto nei fondi negoziali qualora il lavoratore versi, oltre al TFR, un proprio contributo individuale, che attiva l’obbligo per il datore di lavoro di aggiungere un contributo a proprio carico.
Tutti questi contributi vengono investiti dal fondo pensione in diversi strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, Titoli di stato, l’economia reale, ecc.), in modalità differenti a seconda del tipo di accordo siglato e del comparto di investimenti selezionato tra quelli disponibili (garantiti, obbligazionari puri o misti, bilanciati, azionari).
L’obiettivo, lo ricordiamo, è accumulare una somma di denaro da ricevere al momento della pensione.
A determinate condizioni, è possibile anche richiedere delle anticipazioni sul montante accumulato, per far fronte a spese sanitarie, acquisto di una prima casa o spese generiche. Ovviamente, la somma richiesta va a sottrarsi dal capitale totale, con conseguente riduzione della prestazione finale.
La fiscalità agevolata
Trattandosi del secondo pilastro della previdenza, quindi di uno strumento essenziale e di riconosciuto valore sociale, la previdenza complementare può godere di una fiscalità agevolata, che si traduce nei seguenti benefici:
- deduzione dal reddito complessivo dei contributi versati alla forma pensionistica complementare, fino al limite di 5.164,57 euro all’anno;
- tassazione agevolata sui rendimenti, con un’aliquota del 12,50% per quelli ottenuti da investimenti in titoli di Stato e altri titoli equiparati e del 20% dagli altri tipi di investimento, a fronte di una aliquota del 26% prevista da altre forme di risparmio finanziario;
- tassazione agevolata sulle prestazioni finali, con una ritenuta del 15%, che si riduce in funzione dell’anzianità di partecipazione al sistema di previdenza complementare dello 0,30% per ogni anno di successiva partecipazione dopo il 15° anno, fino a un minimo del 9%. La stessa tassazione si applica anche alle anticipazioni;
- i riscatti dopo la cessazione dell’attività lavorativa vengono tassi al 23%, mentre in caso di riscatto per inoccupazione non inferiore ai 12 mesi si applica il medesimo sistema previsto per le prestazioni, quindi un’aliquota che varia tra il 15% ed il 9%.
Per maggiori delucidazioni, invitiamo a consultare il sito della COVIP o quellocheconta.gov.it.
I fondi pensione negoziali per il settore delle costruzioni
Il settore delle Costruzioni offre ai propri lavoratori varie opzioni in termini di previdenza complementare, a seconda del tipo di CCNL applicato.
Nello specifico, esistono tre fondi pensione negoziali:
- Fondo ARCO: è il fondo nazionale di riferimento per i lavoratori a tempo indeterminato (a tempo pieno o parziale) e a tempo determinato (la cui attività lavorativa abbia durata non inferiore a 3 mesi) dei settori Legno, sughero, mobile, arredamento e Boschivi/forestali, Laterizi e manufatti in cemento, Lapidei, Maniglie. Possono aderire ad ARCO anche i dipendenti delle Organizzazioni Sindacali e delle Associazioni Imprenditoriali firmatarie degli accordi istitutivi del fondo (FENEALUIL, Fillea-CGIL, Filca-CISL e Federlegno-Arredo, Unital, Confimi Legno, Confindustria Ceramica raggruppamento Laterizi, Assobeton, Assomarmi, Confindustria Marmomacchine, Anepla, Aniem/Anier Confimi);
- Fondo CONCRETO: è un fondo pensione complementare a capitalizzazione costituito dall’ associazione dei datori di lavoro Federbeton, per mandato ricevuto dalle aderenti associazioni Aitec e Ca.Ge.Ma e dai Sindacati FENEALUIL, Filca-CISL e Fillea-CGIL. Si rivolge ai lavoratori dell’industria del cemento, della calce e suoi derivati, del gesso e relativi manufatti, delle malte e dei materiali di base per le costruzioni;
- Fondo Prevedi: è il fondo pensione complementare per i lavoratori delle Imprese Industriali e Artigiane Edili e Affini. Ogni lavoratore edile soggetto al Contratto nazionale Edili-industria o Edili-artigianato riceve, dal suo datore di lavoro, un accantonamento mensile gratuito nel Fondo Prevedi, per alimentare una liquidazione integrativa a favore del lavoratore.
Per scoprire a quale fondo pensione è possibile aderire, consigliamo di confrontarsi con il proprio rappresentante Sindacale, oppure di rivolgersi alla Cassa Edile/Edilcassa di riferimento nel proprio territorio.