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Qual è la distanza minima tra edifici da rispettare?

A cura di:

Giugno 3, 2025

Qual'è la distanza minima tra edifici da rispettare

In Edilizia la definizione e il rispetto delle distanze tra gli edifici rappresentano un aspetto di primaria importanza, non solo per assicurare la vivibilità degli spazi urbani e rurali, ma anche per contribuire alla sicurezza strutturale degli immobili stessi e per soddisfare le esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza

A livello normativo, le distanze tra costruzioni sono definite e regolate principalmente dal codice civile e dal Decreto Ministeriale 1.444/1968, in particolare dall’articolo 9 di quest’ultimo, considerato una norma imperativa e inderogabile, volta a predeterminare in via generale le distanze. 

Come vedremo nel corso dell’articolo, i regolamenti edilizi locali hanno la facoltà di prevedere distanze minime superiori a quelle stabilite dal codice civile, ma mai inferiori. A determinate condizioni, è inoltre possibile prevedere, sempre a livello regionale, delle disposizioni derogatorie al D.M. 1.444/1968.

Qual è la regola generale? 

Nell’ambito della disciplina delle distanze tra costruzioni, la norma fondamentale di riferimento è l’articolo 873 del codice civile, che riportiamo di seguito:

“Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore”.

Dunque, l’articolo sancisce l’obbligo di osservare una distanza minima di tre metri tra fabbricati contigui o confinanti. Questo principio trova applicazione quando le costruzioni su fondi finitimi (ovvero, per l’appunto, confinanti o attigui) non sono unite o aderenti tra loro

Occorre precisare che il termine “costruzioni”, ai fini dell’applicazione di queste norme, non si limita alle sole abitazioni, ma include qualsiasi struttura che presenti i caratteri di solidità, stabilità e immobilizzazione rispetto al suolo. Anche interventi di ristrutturazione che comportano modifiche significative rientrano in questa definizione e devono rispettare le distanze legali.

La finalità principale di tale regola è garantire la salubrità e la sicurezza degli edifici stessi, evitando la formazione di intercapedini dannose. 

Le norme relative alle distanze sono considerate di carattere assoluto, non avendo come scopo principale la tutela della riservatezza, bensì l’interesse pubblico connesso ai bisogni di igiene e sicurezza e all’assetto urbanistico del territorio.

Come anticipato nell’introduzione, i regolamenti edilizi locali, i piani regolatori comunali e il Decreto Ministeriale 1.444/1968 integrano la disciplina stabilita dal codice civile. In particolare, i regolamenti locali hanno la facoltà di stabilire distanze minime maggiori rispetto ai tre metri previsti dall’articolo 873 del codice civile, ma mai inferiori. Questa possibilità è prevista per tutelare specifici modelli urbanistici e paesaggistici, contribuendo a un assetto complessivo di determinate aree territoriali. Le disposizioni dei regolamenti locali che stabiliscono distanze maggiori sono considerate norme integrative del codice civile.

Cos’è il principio della prevenzione?

Il principio della prevenzione è un criterio fondamentale che disciplina i rapporti tra le costruzioni su fondi contigui, in particolare per quanto riguarda il rispetto delle distanze legali

Esso si basa sulla priorità temporale della costruzione: colui che costruisce per primo su un fondo inedificato (il preveniente) ha la facoltà di determinare le modalità con cui anche il vicino dovrà costruire successivamente. 

La prova di aver costruito per primo spetta a chi invoca il diritto di prevenzione o chiede l’arretramento del fabbricato altrui.

Come funziona questo principio?

Secondo il principio della prevenzione, il proprietario che costruisce per primo sul fondo contiguo ha una triplice facoltà di scelta, nei casi in cui le norme lo consentano:

  1. costruire sul confine: il preveniente può decidere di edificare direttamente sul confine tra le proprietà. In questo caso, il vicino che costruisce successivamente (il prevenuto) ha due opzioni alternative:
    1. costruire in aderenza al muro del preveniente (Art. 877 c.c.). La costruzione in aderenza implica che la nuova opera combaci perfettamente con il muro preesistente, senza lasciare intercapedini, pur mantenendo la propria autonomia statica e funzionale. Anomalie o irregolarità nel muro preesistente non impediscono l’aderenza se l’intercapedine può essere colmata senza danneggiare il muro vicino;
    2. arretrare la propria costruzione fino a rispettare la distanza minima prevista dalla legge (3 metri) o dal regolamento locale (se maggiore).
  2. costruire a distanza legale o regolamentare: il preveniente può scegliere di costruire mantenendo una distanza dal confine pari o superiore alla distanza minima legale (tre metri) o a quella maggiore imposta dai regolamenti edilizi locali. In questa ipotesi, il prevenuto dovrà semplicemente arretrare la propria costruzione in modo da rispettare la distanza totale prevista tra i fabbricati (ad esempio, se la distanza minima è 6 metri, e il preveniente si è posto a 3 metri dal confine, il prevenuto dovrà porsi a sua volta a 3 metri dal confine);
  3. costruire a distanza inferiore alla metà di quella prescritta: il preveniente può decidere di costruire a una distanza dal confine inferiore alla metà della distanza minima totale richiesta tra gli edifici. In questo scenario, il prevenuto acquisisce un diritto potestativo e ha a sua volta due opzioni principali:
    1. avanzare la propria costruzione fino a quella del preveniente e chiedere la comunione forzosa del muro (Art. 875 c.c. per muri non sul confine o Art. 874 c.c. per muri sul confine). Per ottenere la comunione del muro e del suolo sottostante, il prevenuto dovrà pagare al preveniente la metà del loro valore. Questa facoltà di avanzamento deve essere concretamente realizzabile;
    2. costruire in aderenza (Art. 877 c.c.) alla costruzione del preveniente. Anche in questo caso, se il muro non è sul confine, il vicino dovrà pagare il valore del suolo occupato.
    3. in alternativa, il prevenuto può scegliere di non avvalersi delle facoltà di comunione o aderenza e semplicemente arretrare la propria costruzione per rispettare la distanza minima totale dal confine.

Limitazioni e deroghe

Il principio della prevenzione non è sempre applicabile incondizionatamente e può subire limitazioni o essere derogato nelle seguenti situazioni:

  • regolamenti edilizi con distanza dal confine: se un regolamento edilizio locale stabilisce non solo una distanza minima tra i fabbricati, ma impone anche (o soltanto) una distanza minima obbligatoria delle costruzioni dal confine, tale principio non può essere applicato. Questo tipo di norma ha lo scopo di ripartire equamente l’onere della creazione della zona di distacco tra i proprietari confinanti. In questo caso, l’obbligo di arretrare dal confine è assoluto, e il preveniente non può scegliere di costruire sul confine o a distanza inferiore alla metà di quella prescritta;
  • interposizione di un fondo altrui: il principio non opera se tra i due fondi contigui oggetto delle costruzioni è interposta una striscia di terreno appartenente a un terzo;
  • impossibilità di esercitare le opzioni alternative: la facoltà di scelta del preveniente è subordinata alla possibilità concreta per il prevenuto di esercitare i suoi diritti di costruire in appoggio o aderenza. Se divieti legali (derivanti da norme edilizie o specifiche), vincoli nascenti da un accordo privato (come una servitù di passaggio o non aedificandi), o situazioni giuridiche/fisiche particolari (come canali o appartenenza a terzi della zona di confine) impediscono al prevenuto di spingere il proprio fabbricato fino a quello del preveniente, allora il preveniente stesso deve rispettare la distanza legale dal confine;
  • violazione delle distanze legali da parte del preveniente: il principio della prevenzione non si applica se il preveniente ha costruito in violazione delle norme sulle distanze legali (es. Art. 873 c.c.). In tal caso, il giudice deve considerare l’avvenuta violazione, e le facoltà del secondo costruttore non possono essere pregiudicate dall’illegalità del primo, a meno che quest’ultimo non abbia acquisito una servitù contraria alla limitazione legale (es. per usucapione);
  • norme per zone sismiche: le norme sulle distanze in zone sismiche che richiedono che ogni costruzione sia un organismo staticamente autonomo (mediante giunti) possono rendere inapplicabili le disposizioni sulla comunione forzosa del muro e la costruzione in appoggio;
  • scelte illegittime: la possibilità per il prevenuto di cambiare la soluzione costruttiva (es. da distanza a aderenza) è incondizionata solo se la scelta originale del preveniente era legittima. Se l’originale era illegittima, la mera intenzione del prevenuto di adottare una soluzione legale tramite prevenzione non è sufficiente a paralizzare una richiesta di demolizione, ma si deve accertare la serietà e realizzabilità del proposito.

Quali sono le eccezioni alla regola generale?

La regola generale della distanza minima di tre metri, pur essendo fondamentale, presenta specifiche eccezioni previste dalla legge, che consentono in determinati casi di costruire a distanza inferiore o direttamente sul confine.

Vediamo quali sono queste eccezioni:

  • muri non soggetti alla distanza minima: il computo della distanza minima non tiene conto di alcune strutture particolari. Tra queste rientrano i muri di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia un’altezza superiore ai tre metri. Questi muri non rientrano nella definizione di “costruzioni” ai fini del calcolo delle distanze legali tra fabbricati;
  • edifici esenti dalla comunione forzosa e costruzione in aderenza: alcuni tipi di edifici sono esentati dalle norme sulla comunione forzosa del muro e sulla costruzione in aderenza (norme che, come visto, consentono di derogare alla distanza minima). Questi includono gli edifici appartenenti al demanio pubblico e quelli riconosciuti d’interesse storico, archeologico o artistico a norma delle leggi in materia. Analogamente, per le costruzioni edificate in confine con piazze e vie pubbliche, non si applicano le norme sulle distanze tra edifici, ma si devono osservare le leggi e i regolamenti specifici che le riguardano;
  • zone sismiche: in aree soggette a normativa anti-sismica non sono applicabili le disposizioni relative alla comunione forzosa del muro (Art. 874 c.c.), all’innesto nel muro altrui (Art. 876 c.c.) e alla costruzione in appoggio (Art. 884 c.c.). Questo accade perché la normativa sismica richiede che ogni costruzione contigua costituisca un organismo a sé stante, mediante l’adozione di giunti o altri accorgimenti tecnici idonei a consentire la libera e indipendente oscillazione degli edifici.
  • interventi specifici e piani urbanistici dettagliati:
    • gli interventi di risanamento conservativo e le ristrutturazioni di edifici situati nelle zone omogenee A (centri storici). In questi casi, le distanze tra edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza considerare costruzioni aggiuntive recenti prive di valore storico, artistico o ambientale;
    • i gruppi di edifici che formano oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche. Per questi specifici contesti di pianificazione, possono essere ammesse distanze inferiori rispetto a quelle generali previste dal D.M. 1.444/1968;
    • specifiche deroghe previste per finalità di risparmio energetico, come l’installazione di un cappotto termico esterno;
  • possibili deroghe territoriali: il Testo Unico Edilizia (D.P.R. 380/2001), all’articolo 2-bis, consente alle Regioni, nell’ambito della loro potestà legislativa concorrente in materia di governo del territorio, di prevedere con normazione a livello territoriale disposizioni derogatorie al D.M. 1444/1968, purché a determinate condizioni. Tuttavia, l’effettiva applicazione di tali deroghe dipende dall’esercizio di tale facoltà da parte della singola Regione;
  • distanze tra edifici nella stessa proprietà: le norme sulle distanze tra edifici si applicano anche tra fabbricati situati nella stessa proprietà. Questo principio è stato ribadito dal Consiglio di Stato, che ha sottolineato come l’interesse pubblico alla salubrità e sicurezza prevalga sulla tutela del diritto di proprietà, anche quando si tratta di edifici sulla medesima particella catastale;
  • altre distanze specifiche: il codice civile disciplina anche le distanze minime da osservare per l’installazione di altri elementi o strutture diverse dagli edifici principali, come pozzi, cisterne, fosse, tubi, alberi, stalle, forni, camini, ecc., stabilendo distanze specifiche per ciascuno di essi (es. 2 metri per pozzi/cisterne, 1 metro per tubi). Queste non sono eccezioni alle distanze tra edifici, ma discipline distinte per elementi diversi.

Comprendere queste eccezioni e situazioni particolari, dunque, è cruciale per la corretta progettazione e realizzazione degli interventi edilizi, in quanto la loro mancata considerazione può portare a potenziali rischi per la salute e sicurezza del singolo e della collettività, oltre a violazioni sanzionabili.

A cura di:

FENEALUIL-House organ n. 11
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